FISMU, LA NUOVA REALTÀ DEL SINDACALISMO, PER IL CONTRATTO UNICO DI TUTTI I MEDICI, DIRIGENTI E CONVENZIONATI

LE PROPOSTE DI FISMU: BASTA PRECARIATO, SERVE UNA GRANDE RIFORMA DELLA SANITÀ PUBBLICA, I MEDICI DEVONO ESSERE CENTRALI

A quarant’anni dall’istituzione del SSN è necessario, anzi urgente, “ripensare” la sanità pubblica e rifondare il sindacalismo medico all’insegna dell’unità, ma anche dell’autonomia, e indipendenza, dal potere politico e dai Partiti. Con queste parole d’ordine, e con questo spirito, è nata la Federazione Italiana Sindacale dei Medici Uniti-Fismu.

Un intellettuale collettivo, di donne e uomini, giovani e meno giovani che parte da una consapevolezza e da una precisa analisi dei problemi della categoria e del SSN, soprattutto dalla volontà di avviare un forte processo riformatore.

Questa è una realtà che unisce medici di tutte le regioni italiane, di tutti i settori della sanità pubblica, ospedale e territorio: molti provengono da sigle storiche, altri si sono da poco affacciati, con entusiasmo, al sindacalismo. Fismu ha avviato con grande riscontro il tesseramento in tutte le regioni e prevede che il prossimo congresso costituente nazionale si possa tenere a fine marzo, alla fine del fitto calendario di assemblee regionali in corso in questi mesi.

La nostra “mission”. La mutata domanda di salute impone un nuovo progetto politico in grado di ripensare l’ospedalità, le Cure Primarie (e pediatriche), la specialistica ambulatoriale sul territorio, il sistema di emergenza-urgenza e la continuità dell’assistenza. Di rimodulare l’offerta di prestazione per gli assistiti e l’organizzazione per i professionisti, mettendo al centro dell’Agenda politica del Governo i cittadini e i medici.

Lo strumento centrale di questa radicale trasformazione è dal punto di vista normativo la definizione del contratto unico dei medici del SSN, categoria ora scissa tra dirigenza e convenzionata, tra garantiti, sempre più impoveriti, e precari, tra giovani e meno giovani.

Sono quindi urgenti interventi per porre uno stop alla giungla causata dal regionalismo che mette in discussione non solo i diritti dei cittadini, non garantiti adeguatamente ed equamente in tutto il Paese, ma anche le condizioni di lavoro dei camici bianchi.

Non solo, è strategico il potenziamento del territorio: ruolo unico, accesso unico, tempo pieno, h24. Chiaramente ripensare l’ospedalità e mettere in rete le Cure Primarie (e pediatriche), la specialistica ambulatoriale sul territorio, il sistema di emergenza-urgenza e la continuità dell’assistenza. Quindi, stabilizzare il precariato e avviare una riforma radicale dell’accesso e della formazione e prevedere una adeguata programmazione del fabbisogno. Infine, prevedere risorse adeguate, perché la sanità non è una voce di spesa, ma un investimento per il futuro produttivo del Paese.

In conclusione.

Siamo consapevoli dell’urgenza di rilanciare il protagonismo medico, abbiamo intrapreso questa nuova avventura per essere come il “lievito” di un nuovo, unitario, e moderno modo di fare sindacato, per mettere in rete conoscenze e professionalità, per il dialogo e il confronto a tutto campo per un new Deal della sanità pubblica italiana.

Ecco i temi di confronto, di uno scenario di analisi che delinea la Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti, e anche alcune proposte, seppur non esaustive, che inviamo a tutti voi per aprire un dibattito, orizzontale, aperto, sulla necessaria, e urgente, “grande riforma” per una modernizzazione della sanità pubblica e della professione medica.

Esaurimento della spinta propulsiva della riforma sanitaria e analisi di contesto

La legge 833 ha ereditato da un lato la rete ospedaliera figlia della L. Mariotti (132/1968), già organizzata per enti ospedalieri zonali, provinciali e regionali; dall’altro ha ‘esternalizzato’ la gestione del territorio affidandola a medici convenzionati, per troppo tempo considerati estranei al sistema. Il contesto al tempo della riforma in qualche misura richiedeva nel territorio un approccio di medicina cosiddetta d’attesa, stante il dato epidemiologico e demografico. Oggi la presa in carico del paziente cronico, che assorbe la maggior parte delle risorse sanitarie, richiede un  approccio multiprofessionale (mmg, specialista/i, infermiere, figure sociosanitarie, ecc.) e un impegno quotidiano che avvicinano sempre di più il medico di famiglia e l’area convenzionata a un rapporto più organico con il SSN (medicina di prossimità), di governo dei processi assistenziali in un contesto tecnologico profondamente mutato, che modifica anche gli aspetti professionali e relazionali.

Precariato

Il precariato cronico (stabilizzazione e inserimento di tutti i precari nei corsi formativi): malattia che attraverso da sempre il pubblico impiego e che è devastante in sanità. Le manovre di bilancio bloccano i concorsi per anni, in gran parte delle regioni i piani di rientro hanno esasperato ancor più il problema delle assunzioni, ci sono medici assunti dopo ben 15 anni di precariato in forza di normative speciali. Il precariato nell’area convenzionata, con i ritardi anche pluriennali nella pubblicazione delle zone carenti e gli incarichi tempo determinato nella guardia medica e nell’emergenza territoriale (118), dove non si fanno neanche i corsi di formazione, senza limiti e senza sanzioni per gli amministratori.
L’imbuto formativo frutto di una programmazione sbagliata ha creato oltre diecimila “precari” senza titolo specialistico, non perché non siano ‘bravi’(!), ma perché i posti di specialità non sono sufficienti. L’accesso alla facoltà seleziona in rapporto uno a dieci, quindi quelli più bravi, sono gli stessi che superano 40 esami per laurearsi e dopo laureati un esame di abilitazione per poi trovarsi con…un pugno di mosche. Costretti a un eterno precariato. Allora, meglio cambiare rotta: da subito i medici laureati in ospedale a formarsi nel territorio con percorsi paralleli ma efficaci. Il corso di formazione in medicina generale deve diventare specializzazione con pari dignità e deve uscire dalla gestione sindacale e ordinistica.

Contratto unico e  quarta riforma, la grande riforma!

Ripartiamo dalle caratteristiche che avvicinano dirigenza e convenzionata. Le convenzioni a rapporto orario: continuità assistenziale, emergenza 118 (con ferie retribuite), specialistica ambulatoriale (con surrettizie ferie e tredicesima mensilità); UCCP con impegno orario dei medici di famiglia in attività ambulatoriali distrettuali (AGI, PDTA, vaccinazioni, ecc.).

Rapporto di lavoro della dirigenza medica e sanitaria di diritto privato; attività libero professionale in intra moenia; licenziabilità; struttura della retribuzione articolata con retribuzione di posizione e di risultato; valutazione professionale periodica (almeno quinquennale); direttori di struttura complessa con contratto a termine.

Un nuovo strumento, il contratto unico può consentire di riparametrare il lavoro professionale all’interno di una unica cornice normativa, all’interno della quale si possono declinare le diverse professionalità in rapporto all’impegno specifico.

La soluzione non  è necessariamente il contratto della dirigenza/dipendenza. Può essere un contratto ad hoc per i medici che sia un mix di impegno orario, di presa in carico dei pazienti, di risultati assistenziali.

Pervasività della mala politica

Rigenerazione e trasparenza. La politica si occupi solo della programmazione e degli indirizzi generali fissando obiettivi e risultati. Proponiamo una autorità nazionale per gli incarichi di direttore generale, selezione nazionale dei manager e estrazione a sorteggio degli incarichi con assunzione di responsabilità gestionali e nomina dei direttori sanitari e amministrativi, con compensi adeguati alle responsabilità.

CINQUE SPUNTI SINTETICI DI DIBATTITO LANCIATI DA FISMU, 5 PRIORITÀ PER LA RIFORMA DEL SSN:

1) potenziamento del territorio: ruolo unico, accesso unico, tempo pieno, h24, risorse adeguate; mettere in rete le Cure Primarie (e pediatriche), la specialistica ambulatoriale, il sistema di emergenza-urgenza (prevedere il passaggio a dipendenza del 118) e la continuità dell’ Rinnovare, finanziare e ripensare l’Accordo Collettivo Nazionale;

2) “ripensare” l’ospedalità. Sblocco del turn over e assunzioni;

3) legge urgente per la sicurezza dei medici e degli operatori della sanità contro le aggressioni;

4) Stabilizzare il precariato, riforma radicale dell’accesso e della formazione (e di quella della medicina generale). Urgente eliminare l’imbuto formativo consentendo l’accesso alla specializzazione e formazione a tutti i neo medici. Adeguata programmazione del fabbisogno futuro

5) urgente il Contratto Unico Nazionale di tutti i medici. Stop alla giungla del regionalismo e dei particolarismi, che limitano universalità di accesso alla sanità pubblica per i cittadini, danneggiano la professionalità dei medici e alimentano le ingerenze della mala politica e delle clientele.