SANITÀ, A CATANIA E PROVINCIA L’ASSISTENZA DOMICILIARE PER GLI OVER 65 È SOTTO LA MEDIA NAZIONALE, IL 2,58 A FRONTE DEL 4%.
QUESTO IL DATO PREOCCUPANTE EMERSO NEL CONVEGNO, OGGI, A CATANIA ORGANIZZATO DAL CENTRO STUDI MACCACARO DI FISMU E DALL’ASSOCIAZIONE SCIENTIFICA ARTEMISIA
L’APPELLO ALLA REGIONE E ASP: SEMPRE PIÙ ANZIANI E MALATI CRONICI SERVE UN CAMBIO DI ROTTA. LA PROPOSTA: PIÙ TERRITORIO, PIÙ ADI, PIÙ RISORSE E MIGLIORE ORGANIZZAZIONE
27 gennaio – Una società che cambia, la mutata domanda di salute, le sfide dell’invecchiamento della popolazione e della cronicità, rendono le cure domiciliari (l’ADI, assistenza domiciliare integrata) una delle attività strategiche del SSN. Ma a Catania e provincia, soprattutto nelle zone piu urbane, siamo ancora lontani dagli standard nazionali. Di questi temi, dello stato dell’arte dei servizi nella provincia di Catania, con gli ultimi dati fino al 2022 (vedi report DI SEGUITO), delle criticità e delle possibili soluzioni si è parlato oggi a Catania (all’Hotel Sheraton) nel convegno: “Anno 2022: l’ADI nell’Asp di Catania. Una fotografia”. Organizzato dal Centro Studi e Ricerche Giulio Alfredo Maccacaro di Fismu (Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti) e dall’associazione scientifica Artemisia e con il patrocinio dell’OMCeO di Catania, ha portato i saluti il dott. Alfio Saggio, presidente O.M.C e O. Quindi sono intervenuti come relatori e nella tavola rotonda finale, dott. Marco Alise, segretario regionale FMT (Federazione Medici Territoriali), il dott. Salvo Calì presidente Centro studi ricerche sociali e sanitarie Giulio Alfredo Maccacaro di FISMU, il dott. Antonino Condorelli direttore tecnico centrale operativa ADI CT, la dott.ssa Orietta Inserra, Associazione Artemisia, il dott. Domenico Grimaldi, segretario provinciale FIMMG CT, la dott.ssa Daniela Campagna, Responsabile UVM Asp Catania- San Luigi, il dott. Antonino Rizzo, tesoriere Associazione Artemisia, il dott. Giuseppe Squillaci il direttore UOC coordinamento e controllo ADI, cure palliative, RSA, lungodegenze ospedaliere ASP CT, la dott.ssa Caterina Testaì, la direttrice sanitaria consorzio SISIFO, la dott.ssa Rosa Zito, assistente sociale azienda ospedaliera Cannizzaro. I lavori si sono conclusi con una tavola rotonda con i relatori (nella foto).
I DATI E LO STUDIO
All’apertura dei lavori, Salvo Calì e Antonino Rizzo hanno evidenziato l’importanza dello studio sul ruolo strategico dell’ADI: “Alla luce dello scenario demografico ed epidemiologico profondamente mutato già al declinare del secolo scorso, e i cui tratti sono destinati ad accentuarsi, assistiamo al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione e allo spostamento in alto della piramide dell’età con un incremento significativo della percentuale delle persone appartenenti alla terza e alla quarta età. Si vive più a lungo, e si vive anche meglio, ma in valori assoluti ci si ammala di più, con una forte prevalenza delle malattie croniche. In questo contesto le cure domiciliari (e più precisamente l’ADI, assistenza domiciliare integrata) rappresentano una delle attività strategiche del SSN).”
“A differenza delle patologie acute – continua Rizzo – la cui risposta sanitaria è affidata all’ospedale sia nei casi di emergenza/urgenza con il ricorso al pronto soccorso sia nei casi di ricovero programmato, le patologie croniche richiedono una adeguata rete di servizi territoriali in grado di soddisfare la domanda di salute della cosiddetta medicina di prossimità che, pur avvalendosi della tecnologia moderna sempre più raffinata ed efficace, è assicurata prevalentemente da persone, i professionisti, che aiutano persone, i malati, di cui non ci si aspetta una guarigione, quanto piuttosto il mantenimento delle funzioni vitali e della autonomia relazionale. In questa direzione diventa centrale il ruolo e la regia del medico di medicina (di famiglia), al quale deve essere affidata la reale presa in carico del paziente”.
“Il primo dato che emerge dal report a cura del Centro Studi di Fismu – sottolinea Calì – è quello della percentuale di pazienti ultra sessantacinquenni assistiti in ADI nell’ASP di Catania, pari al 2,58%, percentuale lontana dalla media nazionale (4%). La distribuzione dell’attivazione del servizio nei rispettivi distretti rileva dati ancora più problematici: in particolare quando si guarda al distretto della città di Catania all’interno del quale insistono anche i comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia (complessivamente più di un terzo della popolazione della provincia) dove la percentuale si attesta all’1,58%, buona ultima rispetto a tutti gli altri distretti che presentano performance superiori soprattutto nelle aree periferiche (Bronte, Caltagirone, Palagonia, Giarre), laddove comunque la densità demografica è decisamente più bassa. È come se le zone territorialmente più distanti dal centro si avvalgano dell’ADI surrettiziamente in mancanza di altri servizi in grado di soddisfare la domanda di salute. L’attivazione dell’ADI nell’ASP appare quindi molto disomogenea e le cause di questa frammentarietà sono molteplici. L’altra indicazione che emerge infatti con prepotenza dall’analisi dei dati è lo scarto tra la programmazione, di cui al capitolato, e la reale esecuzione del servizio. La insufficiente attivazione della presa in carico di pazienti complessi, previsti nel terzo livello (6%), fa il paio con il numero preponderante delle prestazioni di primo e secondo livello (87,17%), in continuità con il servizio precedente. Non già quindi la presa in carico del paziente attraverso la cosiddetta ‘ospedalizzazione domiciliare’, quanto piuttosto la risposta a bisogni contingenti, che si esauriscono nella esecuzione della prestazione professionale, per quanto di qualità. Segnali ulteriori di questa impostazione sono la scarsa o nulla attivazione delle dimissioni protette e l’assenza di una articolata diagnosi e prognosi nei PAI. Facciamo un appello a Regione e Aps, serve un cambio di rotta: riconoscere la centralità dell’ADI, più territorio, più risorse, migliore organizzazione. È urgente ripensare la sanità sulle sfide delle cronicità e dell’invecchiamento della popolazione”.
Report ADI Catania anno 2022
Esposizione dei dati
Nel corso dell’anno 2022 i pazienti assistiti dal servizio ADI di Catania sono stati complessivamente 6947, di cui 981 di età compresa da 0 a 64 anni, pari al 14,12% e 5966 di 65 anni e più, pari al 85,88%.
Pazienti assistiti in ADI per classi di età
Come si evince dalla tabella 1, che rappresenta l’erogazione dell’ ADI sul totale della popolazione per ciascun distretto, all’interno dell’ASP si registrano diverse e significative percentuali in ordine all’attivazione del servizio, passando dall’ 1,25% del distretto di Bronte allo 0,42% del distretto di Catania.
TABELLA 1 – ADI SU POPOLAZIONE TOTALE | ||||
Distretto | Popolazione | ADI | % | |
Acireale |
136.221 | 914 | 0,67 | |
Adrano | 64.594 | 326 | 0,50 | |
Bronte | 35.986 | 449 | 1,25 | |
Caltagirone | 75.337 | 920 | 1,22 | |
Catania | 362.452 | 1520 | 0,42 | |
Giarre | 83.752 | 725 | 0,87 | |
Gravina | 185.289 | 953 | 0,51 | |
Palagonia | 56.310 | 588 | 1,04 | |
Paternò | 77.574 | 552 | 0,71 | |
TOTALE DISTRETTI | 1.077.515 | 6947 | 0,64 |
I pazienti presi in carico dal servizio di 65 anni di età e più sono stati 5966 su 228172 cittadini ultrasessantacinquenni, pari al 2,61%, distribuiti per distretto, come da tabella 2,
TABELLA 2 ADI SU POPOLAZIONE 65+ | |||||
Distretto | Popolazione. | ADI | % | ||
Acireale | 27.991 | 770 | 2,75 | ||
Adrano | 12.472 | 277 | 2,22 | ||
Bronte | 8.046 | 390 | 4,85 | ||
Caltagirone | 18.071 | 781 | 4,32 | ||
Catania | 78.930 | 1318 | 1,67 | ||
Giarre | 18.884 | 619 | 3,28 | ||
Gravina | 37.625 | 841 | 2,24 | ||
Palagonia | 11.646 | 508 | 4,36 | ||
Paternò | 14.507 | 462 | 3,18 | ||
TOTALE DISTRETTI |
228.172 | 5966 | 2,61 |
dalla quale si evince la conferma delle differenze di attivazione del servizio nei rispettivi distretti, con il distretto di Bronte ancora primo con il 4,85%, ben al di sopra della media nazionale, e il distretto di Catania con l’1,67%.
Un ulteriore dato statistico evidenzia l’attivazione dell’ADI per i pazienti ultrasettantacinquenni che sono stati in totale 4888 pari al 4,61% della popolazione di riferimento, come illustrato nella tabella 3.
TABELLA 3 – ADI SU POPOLAZIONE 75+ | ||||
Distretto | popolazione | ADI | % | |
Acireale |
12.476 | 630 | 5,05 | |
Adrano | 5.672 | 223 | 3,93 | |
Bronte | 3.896 | 324 | 8,32 | |
Caltagirone | 8.857 | 667 | 7,53 | |
Catania | 37.791 | 1088 | 2,88 | |
Giarre | 8.776 | 507 | 5,78 | |
Gravina | 16.892 | 680 | 4,03 | |
Palagonia | 5.329 | 407 | 7,64 | |
Paternò | 6.266 | 362 | 5,78 | |
TOTALE DISTRETTI | 105.957 | 4888 | 4,61 |
Anche questa tabella conferma l’andamento per distretti, con il distretto di Bronte che si attesta sull’8,32% e quello di Catania sul 2,88%.
Livelli delle prestazioni
Le prestazioni complessivamente erogate sono state 316716, di cui 276716 di primo e secondo livello, pari all’ 87,17% e 40638 di terzo livello, pari al 12,83 del totale delle prestazioni (tabella 4).
La media di accessi per paziente è stata rispettivamente di 42 e di 98, mentre la media delle giornate di cura per i pazienti di terso livello è stata pari a 90 giorni.
TABELLA 4 – PRESTAZIONI PER LIVELLI |
|||
Prestazioni | Nr. | % | |
I E II LIVELLO | 276078 | 87,17 | |
III LIVELLO | 40638 | 12,83 | |
TOTALE | 316716 | 100 |
I pazienti eletti al terzo livello sono stati 415, pari al 6 % di tutti i pazienti assistiti in ADI. Di questi ben 135, pari al 32,50%, sono pazienti al di sotto dei 65 anni di età, mentre i restanti 280 sono pazienti di 65 e più anni di età, con un incremento importante sopra i 75 anni (199 pazienti pari al 48%) (Tabella 5)
TABELLA 5 – PAZIENTI TERZO LIVELLO | ||||
PAZIENTI | NUMERO | % | ||
TUTTI | 415 | |||
0-64 ANNI | 135 | 32,5 | ||
65+ | 280 | 67,5 | ||
75+ | 199 | 48 | 71% rispetto a OVER 65 |
Tipologia delle prestazioni
Le prestazioni erogate di primo e secondo livello (tabella 6) registrano un dato complessivo pari a 305106. Di queste 193191, pari al 72,33% sono state di carattere infermieristico, 65162, pari al 23,60% hanno interessato la terapia della riabilitazione motoria, 8150, pari al 3% hanno interessato la sfera della logopedia; mentre le restanti prestazioni, 12474, pari al 4,520%, sono state di carattere specialistico e hanno coinvolto rispettivamente il medico nutrizionista (3583), il chirurgo (2933), lo psicologo (2176), il medico palliativista (2034), il foniatra (891), lo pneumologo (539), l’otorino (315) e il dietista (3).
TABELLA 6 – PRESTAZIONI DI PRIMO E SECONDO LIVELLO
Analogamente le prestazioni di terzo livello sono state complessivamente 40638 (tabella 7). Di queste 26366, pari al 64,89% di carattere infermieristico, 8511, pari al 20,94%, di fisioterapia e 3467, pari al 8,53% di logopedia; mentre le restanti prestazioni, pari a 2294, che rappresentano il 5,64%, sono state di carattere specialistico e hanno coinvolto rispettivamente lo psicologo (623), il medico nutrizionista (575), il medico palliativista (462), il chirurgo (261), , l’otorino (173), lo pneumologo (121), il foniatra (79).
TABELLA 7 – PRESTAZIONI DI TERZO LIVELLO
Conclusioni.
Il primo dato che emerge dal report è quello della percentuale di pazienti ultra sessantacinquenni assistiti in ADI nell’ASP di Catania, pari al 2,58%, percentuale lontana dalla media nazionale (4%). La distribuzione dell’attivazione del servizio nei rispettivi distretti rileva dati ancora più problematici: in particolare quando si guarda al distretto della città di Catania all’interno del quale insistono anche i comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia (complessivamente più di un terzo della popolazione della provincia) dove la percentuale si attesta all’1,58%, buona ultima rispetto a tutti gli altri distretti che presentano performance superiori soprattutto nelle aree periferiche (Bronte, Caltagirone, Palagonia, Giarre), laddove comunque la densità demografica è decisamente più bassa. È come se le zone territorialmente più distanti dal centro si avvalgano dell’ADI surrettiziamente in mancanza di altri servizi in grado di soddisfare la domanda di salute. L’attivazione dell’ADI nell’ASP appare quindi molto disomogenea e le cause di questa frammentarietà sono molteplici. Non è questa la sede nella quale è possibile indicare rimedi e soluzioni di prospettiva, quanto piuttosto l’occasione per segnalare attraverso lo strumento dell’elaborazione e dell’analisi dei dati dell’attività svolta, quali sono le criticità rilevate perché su queste si possa adeguatamente riflettere e dibattere, al fine di promuovere una adeguata programmazione. L’altra indicazione che emerge infatti con prepotenza dall’analisi dei dati è lo scarto tra la programmazione, di cui al capitolato, e la reale esecuzione del servizio. La insufficiente attivazione della presa in carico di pazienti complessi, previsti nel terzo livello 6%), fa il paio con il numero preponderante delle prestazioni di primo e secondo livello (87,17%), in continuità con il servizio precedente. Non già quindi la presa in carico del paziente attraverso la cosiddetta ‘ospedalizzazione domiciliare’, quanto piuttosto la risposta a bisogni contingenti, che si esauriscono nella esecuzione della prestazione professionale, per quanto di qualità.
Segnali ulteriori di questa impostazione sono la scarsa o nulla attivazione delle dimissioni protette e l’assenza di una articolata diagnosi e prognosi nei PAI.